L’impatto psicologico del “DISTANZIAMENTO SOCIALE”

Il covid ha portato nelle vite di ciascuno di noi una nuova condizione e molte richieste a cui adattarsi nostro malgrado. L’emergenza virale si è inserita in una quotidianità già complessa, nella quale ciascuno stava affrontando, seguendo un preciso schema personale organizzativo, le proprie difficoltà relazionali, lavorative, finanziarie che già spesso causano ansia e sofferenze . La nuova minaccia sanitaria ci ha posto di fronte ad un drastico cambiamento delle abitudini della nostra vita: dall’organizzazione sul piano pratico (lavoro, scuola, gestione famigliare) a quella relazionale (interruzione repentina dei contatti con le persone significative, riduzione drastica del contatto fisico), al dover fare i conti con un senso di vulnerabilità e responsabilità verso gli altri, elevati. Le reazioni psichiche più comuni hanno visto come protagoniste emozioni già conosciute come la paura, il senso di impotenza, la rabbia che però in questo caso hanno assunto proporzioni maggiori rispetto alla normale esperienza.

Inizialmente la reazione alle notizie che segnalavano il sopraggiungere del virus nel nostro Paese, è stata di incredulità e negazione, a livello cognitivo è stato infatti difficile elaborare quello che stava succedendo. La nostra mente ha quindi messo in atto una strategia difensiva per tenere sotto controllo una minaccia sconosciuta e invisibile e per cercare di contenere la paura che si sarebbe potuta scatenare di conseguenza: non poteva succedere a noi, non con la nostra vita organizzata, frenetica, piena di impegni, una vita che siamo sempre più abituati a controllare anche grazie ai nuovi mezzi tecnologici che ci consentono di intervenire in tempo reale per risolvere varie tipologie di difficoltà. La prima reazione è stata quindi di rifiuto, di negazione: “E’ solo una banale influenza, stanno esagerando…”, poi abbiamo iniziato a realizzare che la situazione si stava caratterizzando in un modo completamente nuovo, si stava verificando una situazione sempre più sconosciuta e sempre più imprevedibile. Si è attivata quindi la fisiologica reazione della paura.

La paura è una naturale reazione collegata con l’attivazione della parte del cervello

più primitiva, quella parte legata alla sopravvivenza. In quanto animale, l’uomo conserva l’istinto di sopravvivenza che si manifesta in situazioni in cui si percepisce un rischio per la propria incolumità. La paura è un’emozione fondamentale quindi ed è importante perchè ci consente di mettere in atto una serie di comportamenti protettivi che tutelano la nostra vita. Resta quindi fondamentale come emozione perchè, nella giusta quantità, ci permette di attivarci con lucidità e in modo proficuo per la nostra tutela. Ad esempio, seguire le indicazioni del Ministero della salute in merito ai comportamenti da mettere in atto per la prevenzione del contagio, rappresenta una forma di attivazione equilibrata che ci mette in protezione e tutela anche gli altri, Diversamente la paura può assumere proporzioni sempre più ampie, diventando panico e manifestandosi con sintomi d’ansia che fanno percepire ogni situazione come pericolosa e spingono a mettere in atto comportamenti disfunzionali (le corse ai treni per raggiungere e ricongiungersi alle proprie famiglie, l’assalto ai supermercati per potersi assicurare scorte alimentari). Un’altra forma in cui può manifestarsi la paura è il pensiero ipocondriaco, dove l’attenzione è posta su ogni sintomo corporeo che può essere interpretato dalla persona come segnale della presenza del virus nel corpo.

Parallelamente alla paura che in un modo o nell’altro tutti noi abbiamo sperimentato nella nostra vita, ci siamo invece trovati a dover affrontare una novità alquanto complessa e cioè l’isolamento. In questa quantità, quasi nessuno lo aveva mai sperimentato. L’isolamento porta con sé un’esperienza di deprivazione su più piani: sensoriale e relazionale. Stare chiusi in casa diminuisce drasticamente l’ingresso a livello del nostro cervello, di quegli stimoli sensoriali (andare al lavoro, interagire con le persone, fare la spesa, gestire i figli, la scuola, organizzare spostamenti, pianificare attività presenti e future) che nel conseguente processo di elaborazione e pianificazione ci tengono attivi, pronti, operativi . Con la diminuzione drastica delle informazioni/esperienze in entrata, si sviluppa un naturale abbassamento della soglia di attivazione e il nostro sistema di elaborazione va in standby. Così si spiegano quelle sensazioni di disorientamento quando si esce, dopo un lungo periodo trascorso tra le mura di casa, per svolgere semplici commissioni. Si può quindi percepire una certa difficoltà a coordinare i movimenti, la sensazione che lo spazio esterno sembri troppo grande, l’ ipersensibilità ai suoni, alla luce, a stimoli

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che prima erano all’ordine del giorno e che invece adesso possono risultare fastidiosi. Ebbene la nostra mente ha abbassato il suo livello di produttività/reattività assestandosi su una nuova richiesta minima. E’ naturale quindi fare fatica a concentrarsi sul lavoro o sullo studio, diventare irritabili e avere difficoltà nel pianificare più attività in parallelo, tutto ciò in questo momento risulta essere una richiesta eccessiva per il nostro cervello. Possiamo pensare che la nostra mente, un po’ come il corpo, sia “fuori forma”, abbia temporaneamente perso la tonicità e la prontezza che la caratterizzava nel periodo pre-covid.

L’isolamento affettivo e quindi, l’interruzione delle abituali interazioni con parenti e amici, rappresenta l’altra parte della deprivazione faticosa che stiamo sperimentando. L’essere umano necessita di scambio, interazione, contatto fisico come nutrimento fondamentale della mente e della propria vita emotiva. La brusca interruzione di questa parte fondamentale della vita personale, ha ristretto ancora di più la finestra di esperienze fondamentali per il mantenimento di un buon equilibrio personale, scatenando vissuti profondi di solitudine e abbandono verso sè e verso i propri cari. Lo stato di deprivazione generale quindi può portare allo svilupparsi di un calo del tono dell’umore, sensazioni di tristezza prolungata, malinconia e sconforto.

Dal quadro complesso che abbiamo definito, appare fondamentale poter pensare di ricostruire una nuova normalità, che deve prendere le misure su quanto ci è richiesto/imposto dalla situazione sanitaria e che può contare sulla capacità delle persone di utilizzare le proprie risorse adattive, presenti in misura ovviamente diversa da individuo a individuo. Ci riferiamo quindi alle indicazioni più volte lette e ascoltate sui mezzi di informazione che raccomandano, oltre che rispettare le norme igenico sanitarie fondamentali, di seguire delle linee guida che possono aumentare la tolleranza alle fatiche di questo periodo difficile e aiutare a ripristinare un equilibrio personale fondamentale per migliorare la qualità della vita in quarantena. E quindi:

● organizziamo la giornata mantenendo una pianificazione che ci permetta di scandire le varie attività cioè puntiamo la sveglia, consumiamo i pasti a orari regolari, manteniamo una buona igiene del sonno, pianifichiamo la nostra giornata lavorativa o di studio con orari ben precisi

● prendiamoci cura della nostra persona attraverso un’alimentazione

equilibrata, il movimento fisico e l’ igiene personale.

  • ●  manteniamo i contatti con i nostri affetti attraverso tutti i mezzi a noi piùcongeniali, nutrendo seppur virtualmente il nostro bisogno di vicinanza
  • ●  troviamo il modo di aiutare gli altri, di essere utili per la collettività
  • ●  parliamo dei nostri problemi con qualcuno di fidato
  • ●  selezioniamo solo fonti di informazione ufficiali (Ministero della Salute:http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus Istituto Superiore di Sanità:https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/ ) e riserviamo all’ascolto di queste, un solo momento della giornata. Non restiamo quindi costantemente collegati a telegiornali o siti internetPerchè seguire queste indicazioni? perchè ci consentono di riprendere il controllo di una situazione nella quale spesso ci sentiamo impotenti e in balia degli eventi e quindi risulta importante costruire una routine anche nella clausura casalinga.
    Quelli elencati, sono tutti modi di attivarsi e rimettersi in moto per contrastare lo stato di deprivazione e impotenza di cui abbiamo parlato . Riuscire ad agire, anche se in condizioni molto diverse dalle abituali, poter di nuovo decidere di sè e della propria quotidianità, seppur nel ristretto universo casalingo, consente di aumentare il proprio senso di efficacia, facendo diminuire il vissuto di impotenza e la frustrazione dell’isolamento.

    Importante però considerare che il Coronavirus ci ha esposto a una situazione traumatica complessa le cui reazioni psicologiche (stato di allerta elevato, pensieri negativi, umore depresso, disturbi del sonno, preoccupazione per la situazione economica, comportamenti di evitamento) potranno persistere per un lungo periodo anche successivamente alla fine della quarantena. In considerazione di ciò sarà opportuno valutare quanto tale persistenza incida negativamente nella vita di ciascuno e in tal senso, ipotizzare di chiedere un supporto psicologico che aiuti ad alleggerire il carico emotivo personale conseguente a questa difficile esperienza. Sono ad oggi attivi sul territorio diversi servizi di supporto psicologico telefonici/ online (ad esempio www.lopsicologotiaiuta.it, iniziativa gratuita dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia) a cui si può far riferimento per poter trovare risposta al disagio piccolo o grande che si può presentare naturalmente in conseguenza alla condizione causata dalla pandemia. E’ importante prendere in considerazione

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l’ipotesi di un supporto psicologico che possa aiutare ad elaborare l’esperienza vissuta e diminuisca l’impatto emotivo che essa ha comportato e comporterà. Ridimensionare le emozioni scatenate dalla nuova condizione di vita può ridurre l’impatto dello stress sulla persona e ripristinare un sereno equilibrio personale.

R.Cocuzza – Psicoterapeuta

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